In questa intervista vogliamo parlare con lo scrittore Roberto Soldatini, ponendo alcune domande particolari che ci aiutano a conoscere meglio la sua personalità.
Sono nato a Roma cinquantadue anni fa, dall’età di quindici anni ho svolto attività concertistica come violoncellista, e a 18 anni ho diretto la prima orchestra. Da quel momento ho guidando le orchestre di alcune delle maggiori istituzioni europee e americane, dedicandomi poi anche alla composizione. Dal 2011 vivo sulla sulla mia barca a vela Denecia II, alternando ogni anno sei mesi di navigazione in solitario e sei mesi in porto per svernare. Come scrittore ho pubblicato La musica del mare (Nutrimenti, 2014), Sinfonie mediterranee (Nutrimenti, 2016), Denecia, autobiografia di una barca (Mursia, 2018), Denecia approdi nella pandemia (Mursia, 2020), Ca’ Denecia, Vivere a Venezia (2021).
Il primo libro ha vinto due premi, uno in Italia e il secondo in Francia, a Parigi, primo non francese a ricevere il Pix Albatros. Ed è quello che probabilmente ha registrato un maggior numero di vendite. Ma il libro che forse è piaciuto di più, perlomeno a me e al mio compagno, Michele, che ne ha curato la copertina, è il terzo, in cui ho immaginato che la barca potesse avere un’anima, raccontare la sua storia e quella dei suoi armatori che mi hanno proceduto. Un primo esperimento di romanzo quindi.
Con gli scongiuri di rito, per ora no, anzi, dicono che sono diventato un grafomane. Di fatto ho già pronti altri tre libri, che attendono solo i tempi editoriali per essere pubblicati. E sto già elaborando altre idee.
È la cosa che mi intriga di più di questa mia nuova veste da neoscrittore, e che forse mi ha spinto a proseguire quello che attualmente è più un divertissement che un lavoro. L’osmosi che si crea agli incontri con i lettori è un’occasione di confronto e di crescita, almeno per me. Ma forse lo è anche per loro: più d’uno mi ha raccontato che grazie a un mio libro ha trovato il coraggio per compiere un cambiamento.
Per caso. Nasce dalla richiesta degli amici di scrivere un diario di bordo per renderli partecipi della mia avventura, forse un po’ azzardata: salpare senza esperienza e navigare da Marsiglia fino a Istanbul in solitario. Il diario, miglio dopo miglio, si trasformò in un racconto articolato che piacque subito al mio primo editore.
Come dicevo ho tre libri pronti. Per scelta del mio nuovo editore, Mursia, uscirà per primo Vivere in barca, a maggio. Una dozzina d’anni di vita in barca penso possano essere sufficienti per tirare una prima riga di somme, e per mettere a disposizione la mia esperienza a chi fosse curioso riguardo a questo tipo di scelta.
Seguirà poi un libro di storia: ho ripercorso una rotta degli antichi Romani da Roma ad Arles alla ricerca dei loro porti, improvvisandomi “archeonavigatore”. Per alleggerire la lettura ho inserito un personaggio che ogni tanto compare sulla mia barca, parlando in romanesco: Rutilio Namaziano, prefetto dell’antica Roma, che percorse quella stessa rotta.
Il terzo invece sarà dedicato interamente alla musica, un dialogo immaginario tra me e mio padre. Ovviamente le copertine saranno tutte con acquarelli dipinti da Michele.
Tuttavia i veri progetti per me ora sono le rotte, quelle che in inverno, al tepore del quadrato della barca, con un caffè caldo davanti, traccio e sogno per la prossima estate.
Ce n’è più d’uno, ho sempre letto molto, sin da bambino. Potrei citare l’autobiografia di Gandhi, i drammi di Shakespeare, o più recentemente Un altro giro di giostra di Terzani. Ma se ci rifletto, il libro che veramente ha modificato la mia vita in definitiva è stato il mio La musica del mare, perché l’averlo scritto ha cambiato il modo di relazionarmi con il pubblico, di lavorare, di pensare e forse anche dei vivere.
Ne cito solo uno: Cartesio. Se non lo si legge, non si capisce niente di quello che è venuto dopo, non si capisce niente di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Ho appena finito di leggere un altro dei romanzi-metafora, in cui Saramago inventa situazioni paradossali, che in questo difficile periodo è di grande attualità: Cecità. Tuttavia mi ha un poco deluso. Non per la scrittura, straordinaria e originale come sempre, ma perché non pensavo si sarebbe mai spinto così a fondo nello splatter. È sicuramente funzionale per quello che voleva significare, ma non amo le rappresentazioni dello squallore. Lo si consce fin troppo bene. A Napoli nel 2014 debuttai come attore protagonista in uno spettacolo teatrale tratto da Le intermittenze della morte, come metafora l’avevo trovato più interessante. Così come La zattera di pietra che lessi successivamente.
Nel Pictor delle Trasformazioni di Hesse. Perché i cambiamenti sono necessari, per rinnovarsi, per crescere: “Lo si può vedere tutti i giorni anche nei cavalli, negli uccelli, negli uomini e in tutti gli esseri, quando non possiedono il dono della trasformazione, col tempo sprofondano nella tristezza, nell’abbattimento e perdono ogni bellezza”.
Come si può intuire dal titolo del quarto libro, Denecia approdi nella pandemia, il Covid ha stimolato la scrittura, più della lettura e più della musica. Avendo navigato in pieno lockdown da Napoli alla Grecia, e da lì poi fino a Venezia attraverso l’Albania, il Montenegro, la Croazia e la Slovenia, ho pensato di lasciare una testimonianza su come i Paesi del Mediterraneo hanno affrontato in maniera diversa questo inaspettato stravolgimento, che molto spesso non corrispondeva a quello che la propaganda mediatica diffondeva.
Essendo tutti libri che raccontano il mare, il primo nome che mi viene in mente è Ridley Scott, che ha diretto quello che per me è uno dei più bei film ambientati su una barca, L’albatros, oltre la tempesta. Avrei preferito un regista italiano, ma sull’argomento non mi pare ci siano esempi significativi.
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