Con questa intervista vogliamo parlare con lo scrittore Angelo Petrosino, ponendo alcune domande interessanti che ci permettono di conoscere meglio la sua personalità.
Scrivo libri ormai da 33 anni ed ho al mio attivo circa duecento volumi, quasi tutti destinati ai ragazzi, ma che sono fruibili anche dagli adulti per i temi che tocco, normalmente legati all’attualità, alla quotidianità dei protagonisti, all’avventura metropolitana, al viaggio come forma di esplorazione, di conoscenza, di confronto tra culture.
Eppure, se qualcuno mi avesse chiesto da bambino quali erano le mie aspirazioni future, mai avrei risposto che mi sarebbe piaciuto fare lo scrittore un giorno.
Non avrei potuto farlo perché, come ho raccontato nel libro della mia autobiografia infantile (Bambini si diventa, Einaudi Ragazzi, 2022), sono nato alla fine degli anni ’40 del secolo corso in una società contadina dov’era ampiamente diffuso l’analfabetismo, i libri erano assenti e si cresceva con prospettive limitate ai mestieri più comuni nell’ambito di quella società.
Non ho perciò mai avuto libri a disposizione e la mia forma di lettura preferita erano i fumetti. Per comprarmeli, lavoravo nelle ore libere dalla scuola ora presso un salone di barbiere, ora presso il laboratorio di un sarto, ora in una falegnameria a lucidare mobili (avevo 8-9 anni).
Ma avevo a disposizione anche un nonno che era un formidabile narratore e penso che grazie alle sue narrazioni, che riempivano le ore serali della giornata, mi sono innamorato delle storie.
A circa dieci anni sono partito per Parigi, per raggiungere mio padre che era emigrato alcuni anni prima.
Dopo qualche anno, il ritorno in Italia. Inizialmente ho studiato da perito chimico a Torino, in seguito ho conseguito il diploma magistrale, ho frequentato la facoltà di Magistero e ho cominciato subito a insegnare.
L’ho fatto per quasi 40 anni in una scuola elementare collocata alla periferia nord di Torino.
Sono stato un maestro di trincea, a contatto con situazioni sociali molto difficili che mi hanno insegnato molto sulle condizioni dell’infanzia nel mondo d’oggi.
Questo contatto diretto, per tanto tempo, con i bambini è stato decisivo nella mia maturazione come scrittore per ragazzi.
Le mille esperienze vissute a scuola si sono riversate sempre in qualche modo nella mia produzione letteraria, che ha assunto una precisa connotazione realistica.
Ho però anche viaggiato molto, perciò le mie storie sono in molti casi ambientate in contesti geografici assai diversi: in Italia e in Europa.
Ho cominciato a pubblicare con una piccola casa editrice, le Nuove Edizioni Romane di Gabriella Armando, ma dopo pochi anni i miei libri(tutti quelli della serie Valentina, per esempio) hanno cominciato ad uscire con Piemme-Mondadori. Da tre anni pubblico tutte le mie novità con Einaudi Ragazzi, che è diventata la mia casa editrice di elezione.
Per quasi due anni (anni ’90) sono stato direttore della rivista “Il giornale dei bambini”. Per alcuni lustri ho contribuito attivamente (con storie e articoli) a Popotus, inserto per bambini del quotidiano Avvenire. Attualmente sono consulente redazionale della rivista di letteratura giovanile “Pagine Giovani”.
Il libro che ha avuto più successo si intitola Le fatiche di Valentina (ha venduto molto più di centomila copie) ed è stato il primo di una serie centrata su questo personaggio composta da più di 150 volumi.
Il libro uscì nel 1995. Mi ero accorto, leggendo libri a profusione ai miei alunni, che le bambine non erano quasi mai protagoniste assolute e attive dei libri dedicati all’infanzia. Avevano spesso funzioni secondarie e di comprimarie, in netto contrasto con l’indole femminile che avevo ogni giorno sotto il mio sguardo a scuola.
Perciò a un certo punto decisi deliberatamente di scegliere una bambina come personaggio principale di una serie di avventure, che non pensavo, tuttavia, sarebbero andate avanti per più di venticinque anni, come è accaduto.
Valentina è una bambina (poi una ragazza, perché cresce nel tempo) curiosa, aperta, fiduciosa nelle sue risorse, avida di conoscere e di capire sé stessa e gli altri, mai narcisa, sicura e determinata.
Perciò è diventata subito una sorta di amica ideale per milioni di sue coetanee, che ha accompagnato nella loro infanzia e nella loro adolescenza come un modello positivo e forte.
Ancora oggi donne e madri mi scrivono per raccontarmi quanto questo personaggio abbia contato per loro in anni cruciali della loro crescita.
È una condizione che non ho mai sperimentato. Quando mi accingo a scrivere, non lo faccio mai improvvisando. Ogni libro è accuratamente preparato, raccogliendo materiali, immaginando in anticipo situazioni da raccontare, eventi da intrecciare, prendendo appunti, note, eccetera.
Perciò, quando comincio a scrivere, in un certo senso ho già un cammino tracciato che mi rassicura. Decido anche in via preventiva quale sarà la fine cui mi condurrà questo cammino.
Ma intendiamoci, non è tutto così semplice e lineare. Mentre scrivo, posso avere delle intuizioni improvvise che mi fanno deviare dall’itinerario che avevo inizialmente concepito e fanno prendere alla storia una direzione diversa. In questo caso il mio progetto può parzialmente cambiare senza problema se ritengo che ne valga la pena.
Nel mio caso è fondamentale. I bambini non si limitano a leggere un libro. Se i protagonisti della vicenda raccontata li hanno colpiti profondamente, nasce subito in loro il desiderio e quasi il bisogno di dialogare con l’autore della storia. Un po’ per ringraziarlo dei felici momenti di lettura che ha loro regalato, un po’ per porgli domande, sottoporre dubbi.
All’inizio lo fanno con qualche timore, non sembra loro possibile che l’autore del libro che hanno amato trovi il tempo per rispondere alle loro curiosità, per dialogare e prendere in considerazione alcune loro esigenze conoscitive.
Perciò quando ricevono risposte non formali, ma precise a argomentate, sembra loro di toccare il cielo con un dito, di avere acquisito un privilegio di cui pochi possono vantarsi.
Conoscendo l’importanza che attribuiscono a questo rapporto con il loro scrittore preferito, io rispondo non solo velocemente, ma in modo sincero e diretto.
Con molti bambini inizia così uno scambio epistolare che dura nel tempo, poi si interrompe e riprende, magari dopo qualche mese o addirittura qualche anno dopo.
A volte molti di loro mi suggeriscono trame e argomenti che vorrebbero trattati nelle mie storie, mi chiedono di attribuire il loro nome a uno dei miei personaggi e così via. Sono suggestioni legate all’età dei lettori, alcune più ingenue, altre più motivate.
Ma questo fa capire quanto un libro per l’infanzia non possa limitarsi a fornire soltanto delle esperienze estetiche. L’aspetto formativo è sempre insito nelle storie a loro destinate.
Naturalmente non in modo sciatto, predicatorio, noioso.
È sufficiente avere acquisito una conoscenza precisa dell’animo infantile, dei punti di vista con cui i bambini giudicano e considerano il mondo che li circonda, delle emozioni e dei sentimenti che intessono le loro vicende più comuni.
Nella mia esperienza, senza fare sfoggio di inutile retorica, mi sono reso conto che un libro può cambiare un po’ la loro vita. Del resto, non è insolito che una reazione del genere l’abbiano anche gli adulti quando incontrano un libro che li segna per sempre.
Ma questo è tanto più vero soprattutto con i piccoli.
Nel corso degli anni ’80 ho svolto una intensa attività di pubblicista collaborando a parecchie riviste di pedagogia e di letteratura giovanile con articoli, saggi, recensioni di libri per l’infanzia, traduzioni di testi da varie lingue.
In più ho guidato corsi di aggiornamento per insegnanti nelle scuole sul tema della letteratura per l’infanzia.
A un certo punto, era il 1989, ho deciso di scrivere un libro di racconti prendendo spunto dalle vite dei miei alunni. Erano racconti realistici nei quali ho volutamente introdotto anche situazioni di carattere umoristico.
Inviai i racconti a una piccola ma attiva casa editrice (le Nuove Edizioni Romane, più su citate) che si proponeva di scoprire nuovi autori italiani in un settore in forte espansione in quegli anni.
L’editore fu subito entusiasta dei testi che avevo inviato. Aveva apprezzato la loro modernità, la conoscenza profonda dell’infanzia che affiorava dai racconti e decise senz’altro di pubblicarli.
Il volume ebbe come titolo quello di uno dei racconti: La febbre del karatè.
Fu presentato alla Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna e nello stesso anno vinse la Palma d’argento al Salone Internazionale dell’Umorismo di Bordighera, sezione letteratura per ragazzi.
Ne ho parecchi e tutti da realizzare con la casa editrice Einaudi Ragazzi. È uscito da poco Le avventure del delfino Beniamino, terzo volume della trilogia composta da Le avventure della gatta Ludovica e Le avventure del passero Serafino.
Il giorno undici ottobre sarà in libreria Un bambino, una gatta e un cane.
Un altro libro sarà presentato a Bologna il prossimo aprile e il successivo uscirà a luglio. Altri libri sono in cantiere.
In quelli che ho scritto e negli altri che scriverò sono stato e sarò sempre fedele al mio proposito di raccontare i mutamenti della nostra società visti attraverso gli occhi dei bambini e degli adulti che si prendono cura di loro. Parlerò dunque di scuola, di famiglie, di relazioni tra coetanei, delle crisi infantili e adolescenziali.
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